di Carlo Alberto Tregua.
- fonte:
www.laltrasicilia.com
In tredici legislature, dal dopoguerra ad oggi, ben
cinquantacinque governi, compreso quello attuale, hanno portato la
Sicilia a morire di sete e di sottosviluppo. Sembra incredibile,
ma è così. La quantità di acqua di cui dispone la Sicilia è tale
che ognuno dei cinque milioni di abitanti potrebbe annegarci. Una
normale azione amministrativa avrebbe potuto realizzare una
situazione ribaltata rispetto a quella che oggi si presenta
drammaticamente, soprattutto nell'area centro-occidentale
dell'Isola.
La Sicilia dispone di circa trenta invasi che hanno una capacità
di contenere ben un miliardo di metri cubi d'acqua. Ma nessuno di
essi è collaudato per la totale capacità. Le autorizzazioni
variano fra il trenta ed il cinquanta per cento. Cosicchè, anche
in quest'anno, considerato poco piovoso, molte chiuse sono state
aperte per riversare a mare l'esubero d'acqua rispetto alle
autorizzazioni.
Prendiamo, ad esempio, la diga di Rosamarina, la cui costruzione è
iniziata nel 1972. Ha una capacità di 110 milioni di metri cubi,
poi ridotta ad ottanta, ma l'autorizzazione vale solo per 10
milioni di metri cubi. Due terzi dell'acqua servirebbe per uso
irriguo, circa 14 mila ettari, ed un terzo per uso potabile. Ma
tutto è ridotto a un decimo.
Gli enti che si occupano di raccogliere e distribuire l'acqua in
Sicilia sono una miriade: Eas, Esa, Genio civile, Consorzi di
bonifica, Enti locali, imprese private e via enumerando. La
Regione dovrebbe coordinare codesti soggetti con regole chiare e
precise, e colpire i comportamenti irresponsabili. Invece, in
cinquantasei anni, ha latitato per insipienza politica e, in
qualche caso, per connivenza con le organizzazioni criminali che
traggono vantaggi
dalla mancanza d'acqua.
La seconda questione che lascia a secco i rubinetti dei cittadini
e i campi riguarda le reti di distribuzione del prezioso liquido.
Vi sono invasi senza condotte e condotte senza invasi. Un caso?
No, certo. È stata la conseguenza di comportamenti scorretti quali
il procrastinare sine die il completamento delle opere, per far
aumentare artificialmente i prezzi e ottenere profitti illeciti.
Le leggi sugli appalti in Sicilia contengono una quantità
impressionante di articoli e commi dentro i quali è difficile
capirci, salvo che per gli Amici degli Amici. La Merloni-ter,
conseguenza di una direttiva Ue, è applicabile ma viene disattesa.
Il ddl di riforma, valutato nella IV commissione legislativa
dell'Ars, ha difficoltà ad essere votato per la sotterranea
opposizione trasversale che lo blocca.
Ma torniamo alle acque. In nessuna diga è applicato un contatore
che misuri la quantità erogata e in nessun terminale delle
condotte è applicato un secondo contatore che misuri la quantità
di acqua arrivata. Se i due contatori esistessero, si potrebbe
misurare la differenza della quantità d'acqua che ogni condotta
perde e quella che viene sottratta in modo fraudolento. Si, perché
molta acqua viene rubata. Si sa chi la ruba, ma nessuno parla.
Vi è, poi, il problema della rete idrica degli Enti locali che si
approvviggionano a monte delle condotte e distribuiscono a valle
ad abitazioni ed imprese. Ebbene, tali reti fatiscenti perdono per
strada la metà del liquido trasportato. L'incuria degli Enti
locali in questi decenni è stata notevole. Hanno trascurato il
rinnovamento degli impianti ed una costante manutenzione. Tanti
amministratori, anche per questi miseri comportamenti, dovrebbero
essere mandati al confino, come si diceva una volta.
L'acqua non costa nulla, quindi non và pagata, secondo molti
utenti che appunto non la pagano. Le bollette arretrate ammontano
a centinaia di miliardi di lire. Le amministrazioni fanno poco o
nulla per recuperare i loro crediti. E neanche si muovono per
sostituire i vecchi contatori a bocca tarata spesso più aperta del
dovuto.
Oltre all'acqua piovana, male accumulata e mal distribuita, la
Sicilia dispone di altre due cospicue fonti di approvvigionamento:
i depuratori e i dissalatori. I primi, che hanno una funzione
antinquinante, potrebbero erogare l'acqua bianca alla fine del
percorso chimico, per uso irriguo ed industriale. I secondi
potrebbero produrre acqua potabile senza fine ad un costo di circa
1,5 euro (tremila lire) per metro cubo, quanto costa ai cittadini
di Palermo che, però, non ce l'hanno. Ma non più della metà dei
depuratori esistenti in Sicilia funziona come dovrebbe e vi sono
solo alcuni dissalatori. Potrebbero essere molti di più chiamando
imprese internazionali e nazionali cui concedere la produzione e
la distribuzione dell'acqua per trenta o più anni, senza spendere
un soldo.
Infine anche in questa materia ci vorrebbe un colpo d'ala.
Progettare e riunire in un unico circuito tutte le reti idriche
dell'Isola, sul modello di quelle elettriche. Basterebbe qualche
centinaio di chilometri di condotte, in modo da compensare
costantemente carenze con eccedenze.
Ma per volare ci vogliono le ali. Non vediamo, in atto, nessun
Dedalo all'orizzonte.