Intervista all'economista Busetta, presidente della Fondazione
Curella, sulle prospettive dell'industria delle vacanze in Sicilia
Turismo, obiettivo 50 milioni di presenze
«Basta con gli
interventi singoli, bisogna fare un progetto complessivo»
Tony
Zermo
Quanto pesa oggi e quanto può pesare in futuro il turismo sul
fatturato complessivo della Sicilia? Qui ci vuole un economista. E
allora risponde al quesito Pietro Busetta, presidente della
Fondazione Curella, affidabile osservatorio economico siciliano. «Se
il turismo siciliano fattura 3500 miliardi l'anno e il fatturato
complessivo di tutte le attività imprenditoriali dell'Isola è di
circa 120 mila miliardi, il conto è semplice: siamo al 3% - dice -,
ma è una cifra ridicola, una riprova del fatto che finora con il
turismo ci abbiamo giocato. Oggi è un movimento globale
inarrestabile, non siamo più al turista che arriva, si ferma in una
pensioncina, non si muove e magari si fa i ragazzini di Taormina
come avveniva in passato. Tutto il mondo si muove e noi abbiamo solo
12 milioni di presenze ufficiali. Ma si può e si deve arrivare
almeno a 50 milioni. Non sono cifre chimeriche, pensiamo solo al
fatto che il Veneto ne fa 70 milioni, perché ha Venezia che è una
vetrina mondiale. Anche Cancun, in Messico, ha 120 milioni di
presenze annue. Certo anche lì ci sono i monumenti Maya. Ma la
Sicilia ha i Templi di Agrigento che da soli meritano un viaggio, e
poi c'è tutto il resto da Siracusa a Piazza Armerina a Selinunte.
Abbiamo anche un patrimonio di coste e di mare ancora pulito e
libero. Secondo me, il nuovo assessore al Turismo deve cominciare a
fare un progetto, perché finoggi siamo andati avanti con interventi
singoli. Tra l'altro la Sicilia ha necessità di potenziare il
sistema aeroportuale. Non è pensabile che si possa fare turismo ad
Agrigento senza un aeroporto a Piano Romano, vicino Licata, non è
pensabile che si possa fare turismo in provincia di Ragusa senza un
aeroporto a Comiso. E non si venga a dire che nuovi aeroporti non
sono economicamente validi perché hanno pochi arrivi. Se si
cominciasse a fare un discorso serio i passeggeri ci sarebbero. Se
già Lampedusa riesce ad avere 60 voli settimanali e Pantelleria ne
ha solo otto, se questa disparità c'è dipende molto dalle capacità
imprenditoriali, dalle Istituzioni e comunità locali».
– Se il turismo incide per il 3% del fatturato siciliano,
l'agricoltura a che livello è?
«E' al 5% perché fattura 7 mila miliardi l'anno, compresi gli 800
miliardi di contributi, dunque 6 mila e 200 miliardi al netto. Se
però si guarda al settore agroalimentare, al vino e all'olio,
questo è un comparto che ha una grandissima capacità di
espansione, ma è sempre una nicchia di mercato. Accadono poi fatti
sconcertanti. Ad esempio a Lampedusa lo sgombro conservato lo fanno
con pesce fresco importato dalla Spagna, questo vuol dire che è più
economico acquistarlo che andarlo a pescare».
– Insomma alla Sicilia non resta che la carta del turismo.
«Ed è una bella carta perché l'indotto è importantissimo. Se la
Sicilia offrirà, oltre ai suoi monumenti, anche spiagge e mare
puliti, una buona cucina, prodotti locali, artigianato artistico, e
meno artistico per la massa, tutto questo costituisce un
moltiplicatore delle entrate turistiche e fa sì che i nostri
ragazzi, invece di emigrare a Torino o a Magonza, possano lavorare
nella loro terra».
– Anche perché nel settore turistico l'incidenza della manodopera
è più alta che nelle industrie.
«Attenzione, l'industria non è alternativa, il turismo non può
scacciare l'industria. Il manufatturiero è fondamentale perché se
tu devi comprare al Nord gli asciugamani, gli ombrelloni, il
tovagliato, allora l'effetto moltiplicazione non scatta più. Noi
oggi sul turismo abbiamo un effetto moltiplicatore molto basso,
siamo allo 0,80%, mentre in Trentino è l'1,60%. Praticamente per
ogni lira che da noi viene spesa nel turismo lo 0,80 viene speso
negli altri settori. Insomma, il manufatturiero deve supportare le
strutture ricettive, altrimenti continueremo a dare ai forestieri i
grissini torinesi o le marmellate trentine».
– Come va oggi l'occupazione?
«E' una situazione migliorata che in passato non avevamo mai avuto,
perché gli occupati sono passati a un milione e 400 mila, compresi
i sommersi. Nei prossimi dieci anni dovremmo realizzare altri
800-900 mila posti di lavoro, perché essendo noi siciliani 5
milioni e 100 mila abitanti si dovrebbero avere due milioni e 300
mila occupati. E buona parte di questi nuovi posti di lavoro
dovremmo ricavarli dal turismo».
NB. Per far pace con i gestori delle pensioni ci corre l'obbligo di
una precisazione. Quando scrivevamo che le presenze turistiche sono
il doppio di quelle ufficiali perché «sfuggono ai controlli
pensioncine e seconde case», in realtà per «pensioncine»
intendevamo riferirci ad affittacamere perché le pensioni sono
strutture alberghiere a pieno titolo e non evadono.
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