DALLA PRIMA PAGINA
Eco-catastrofisti
Vi spiego l'inganno di Kyoto
di Antonio Martino
Ministro della Difesa
Vorrei tornare ad occuparmi di un tema già trattato su queste
colonne (9 giugno 2001) alla luce di nuovi, importanti dati che
rafforzano le tesi allora espresse: il riscaldamento globale
(«effetto serra») ed il protocollo di Kyoto. Com'è noto, questo
accordo è basato sull'idea che, in conseguenza dell'uso di
combustibili fossili (carbone, petrolio, metano, e gas naturale)
per le attività umane (produzione, riscaldamento, trasporti), il
diossido di carbonio contenuto nell'aria va aumentando. In
conseguenza di ciò, a causa dell'assorbimento di raggi
infrarossi, energia che si sarebbe dissolta nello spazio viene
trattenuta vicino alla superficie terrestre, con conseguente
aumento della temperatura. Da qui gli scenari catastrofici che
ci vengono ammanniti a ritmo incalzante e la proposta
dell'accordo di Kyoto di ridurre le emissioni di diossido di
carbonio ad un livello del 5% inferiore a quello del 1990.
L'accordo è voluto con grande determinazione dall'Europa, ma non
è stato ratificato dagli Stati Uniti, dove il 26 luglio del 1997
il Senato ha così votato: 95 no contro 0 sì.
I dati scientifici smentiscono in modo inoppugnabile le tesi dei
fautori dell'accordo. Anzitutto, è vero che nel XX secolo la
temperatura media globale è aumentata di 0.5 gradi centigradi,
ma è anche vero che ciò si è verificato soprattutto prima del
1940 ed in misura minore dopo il 1970. Fra il 1940 ed il 1970 la
temperatura è andata diminuendo (il che ha indotto gli
eco-catastrofisti a prevedere un'imminente glaciazione!). Ora,
circa l'80% delle emissioni di diossido di carbonio connesse
alle attività umane ha avuto luogo dopo il 1940 e non può,
quindi, avere causato l'aumento della temperatura che si è
verificato prima di quella data. Il riscaldamento, quindi, è
stato causato soprattutto da cause naturali. Secondo un recente
studio di Sallie Baliunas, un'astrofisica del Centro di
Astrofisica dell'università di Harvard, le attività umane sono
state responsabili al massimo di un aumento di 0,1 gradi
centigradi. Quanto al futuro, ammesso che esista una tendenza
all'aumento della temperatura (il che non è affatto certo),
sarebbe compreso fra 0.04 gradi centigradi per decennio – una
variazione insignificante e ben al disotto di quelle
storicamente normali.
Se è dubbio che il problema esista, è invece certo che la
soluzione produrrebbe vantaggi irrisori e conseguenze negative
devastanti. Nei prossimi 50 anni, l'aumento medio della
temperatura previsto dal gruppo intergovernativo di esperti
delle Nazioni Unite senza l'applicazione del protocollo di Kyoto
sarebbe pari a circa un grado centigrado; grazie
all'applicazione dell'accordo, l'aumento sarebbe, invece, di
0,94 gradi. Il vantaggio di Kyoto, in altri termini, sarebbe
pari a 0,06 gradi centigradi! E questa è la stima più favorevole
all'accordo; secondo Fred Singer (il climatologo che ha
inventato il metodo per misurare lo strato dell'ozono),
l'impatto di Kyoto sarebbe di soli 0,02 gradi da qui al 2050 –
una variazione talmente piccola da non essere percepita dagli
strumenti!
Questi ridicoli vantaggi costerebbero moltissimo all'economia
europea ed americana, che soffrirebbero una seria recessione:
secondo uno studio richiamato in un recente articolo del Wall
Street Journal, il reddito nazionale in Spagna, Germania ed
Inghilterra diminuirebbe del 5% ed in Olanda del 3,8%. La
perdita di posti di lavoro sarebbe di 1,8 milioni in Germania,
di un milione in Inghilterra ed in Spagna, e di 240.000 in
Olanda. L'aumento del prezzo dell'energia viene stimato fra il
10% ed il 20%, quello del gasolio da riscaldamento a quasi il
50%. In America, le stime del costo di un'eventuale applicazione
dell'accordo di Kyoto lo collocano fra i 100 ed i 400 miliardi
di dollari all'anno (fra 220 ed 880 mila miliardi di lire)!
In conclusione, le premesse su cui si basano i fautori di Kyoto
sono perlomeno dubbie: è lungi dall'essere certo, infatti, che
siamo in presenza di un aumento significativo della temperatura
ed è ancor più dubbio che, ammesso che esista, sia dovuto alle
attività umane. I responsabili dell'«effetto serra» infatti sono
per il 95,5% di origine naturale e solo per il 4,5% connessi
nell'attività umane. Il «rimedio» suggerito da Kyoto avrebbe
conseguenze irrisorie, persino in presenza delle ipotesi più
favorevoli: non va dimenticato, infatti, che dal rispetto
dell'accordo sono esentati l'India, la Cina, il Messico e tutti
i Paesi sottosviluppati, miliardi di persone il cui consumo di
combustibili fossili è destinato ad aumentare significativamente
nel prossimo futuro.
Infine, ma certamente non meno importante, l'applicazione
dell'accordo significherebbe recessione globale e disoccupazione
per milioni di lavoratori in Europa e Nord America, con una
perdita di reddito colossale. Ha senso tutto questo?
Il caso di Kyoto non è, purtroppo, isolato. Le nostre libertà ed
il nostro benessere sono oggi minacciati soprattutto da un nuovo
nemico: la pseudo-scienza usata per promuovere politiche
interventiste volte a rimediare a danni del tutto immaginari che
le nostre attività procurerebbero all'ambiente. Sconfiggere gli
eco-catastrofisti sarà, forse, più difficile di quanto sia stato
sconfiggere i nemici della libertà del passato – comunismo e
nazismo – perché per scoprire il vuoto che sta dietro alle loro
argomentazioni è necessario un grado di informazione elevato. Ma
dobbiamo farlo: è in gioco la nostra libertà ed il benessere
nostro e di quanti verranno dopo di noi.
Antonio Martino
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