Delitto
Barbieri, Riesame «accelera»
Per Piantini
si decide il 2
I giudici del Tribunale del Riesame di
Catania hanno deciso di stringere i tempi per dare le adeguate
risposte agli indagati Umberto Piantini, Daniele Aglianò e
Gaetano Zappulla che, con le rispettive istanze, hanno chiesto
la revoca della misura della custodia in carcere emessa nei
loro confronti dal Giudice per le indagini preliminari
Costanzo perchè gravemente sospettati di essere stati i
mandanti della spedizione punitiva ai danni del diciottenne
Gaetano Barbieri, detto Steven, sfociata nella sua uccisione a
causa di un malaugurato incidente. La camera di consiglio in
cui verranno prese in esame le istanze dei tre indagati
siracusani, è stata fissata per il 2 agosto prossimo. Con i
tre indagati, dinanzi ai giudici del Tribunale del Riesame si
presenteranno i loro difensori di fiducia, e precisamente
l'avvocato Franca Auteri per Piantini, l'avvocato Aldo Ganci
per Aglianò e gli avvocati Giambattista Rizza e Sebastiano
Troia per Zappulla.
In ordine all'accusa di essere stati i mandanti della
spedizione punitiva, commissionata ai minorenni Luca e
Daniele, rispettivamente di 17 e 16 anni, che poi l'hanno
puntualmente eseguita la sera dell'uno luglio scorso, in via
Immordini, con l'esplosione alle gambe di Steven di alcuni
colpi di pistola calibro 7,65, soltanto Umberto Piantini ha
preso posizione, rendendo una dichiarazione di non
colpevolezza al Giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Siracusa, Giuseppina Storaci, che l'aveva
sottoposto ad interrogatorio su delega del collega Costanzo.
Invece, sia Daniele Aglianò che Gaetano Zappulla, non hanno
sinora reso alcuna dichiarazione sulle gravissime accuse loro
contestate dalla Procura distrettuale antimafia di Catania,
perchè, in sede di convalida del fermo giudiziario, si sono
avvalsi della facoltà di non rispondere.
Secondo la tesi accusatoria, Umberto Piantini, esponente di
spicco del clan «Aparo-Santa Panagia», avrebbe incaricato
Aglianò e Zappulla di assumere la guida temporeanea
dell'organizzazione criminale, per sopperire all'assenza dei
leader che si trovano tutti rinchiusi in carcere. Aglianò e
Zappulla, accettando l'incarico, si sarebbero attivati ad
arruolare degli affiliati e, quindi, a riprendere i contatti
con gli esercenti già da tempo sottoposti alla pratica del
pizzo e, allo stesso tempo, a individuarne dei nuovi di modo
da poter assicurare delle cospicue entrate finanziarie atte al
mantenimento dei componenti del clan detenuti e delle loro
famiglie.
Se non tutti i tentativi messi in atto sono stati coronati da
successo, il gruppetto costituito da Aglianò e Zappulla
riusciva a mettere sotto estorsione il concessionario della
Caravan, un rivenditore di moto di viale Zecchino, i gestori
del negozio di articoli sportivi «Verde Sport» e il bar dei
fratelli Rizza. Sembrava l'inizio di un florido periodo per i
nuovi componenti del clan Santa Panagia, ed invece,
imprevisto, saltava fuori l'incidente che mandava tutto a
scatafascio e faceva perdere agli aspiranti mafiosi anche la
libertà. Accadeva, infatti, che Steven, non si sa ancora bene
se per scelta autonoma o perchè istigato da personaggi del
clan rivale a quello di Santa Panagia, nottetempo, esplodeva
dei colpi di pistola contro la saracinesca del bar dei
fratelli Rizza. La sua iniziativa, ritenuta una vera e propria
invasione di campo, provocava la reazione dei «protettori» del
bar, che, prima di passare ai fatti, chiedevano al loro
diretto superiore, appunto a Piantini, come dovevano
rispondere alla provocazione di Steven. La risposta arrivata
dal carcere non lasciava margini a ripensamenti: bisognava
dare una lezione all'autore dello sgarbo. La sera dell'uno
luglio, Luca e Danilo, i due minorenni incaricati di eseguire
la punizione, arrivavano in via Immordini, a bordo di un
vespone, e, alla vista di Steven che stava giocando al calcio
balilla in un chiosco, gli esplodevano contro dei colpi di
pistola, tutti mirati alle gambe. Purtroppo, dopo essere stato
centrato sia alla coscia sinistra che a quella destra, Steven
cadeva e si veniva a trovare nella traiettoria del terzo
proiettile già fatto partire dal killer. La pallottola,
entrata alla schiena, fuoriusciva alla gola, recidendo la
giuculare. Steven moriva e dieci giorni dopo in carcere sono
finiti sia i due esecutori, sia i mandanti che Marco Grande,
partecipante ad una estorsione per conto del clan.
Pino Guastella
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